domenica 19 gennaio 2020

1° Incontro - La paura della Solitudine


DEFINIZIONI (da http://www.treccani.it/):
solitùdine s. f. [dal lat. solitudo -dinis, der. di solus «solo»]. –
1 . La condizione, lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura …

LA SOLITUDINE IN ITALIA
Il tessuto sociale italiano ed europeo nel corso degli anni si è trasformato in una direzione chiara: a causa della bassa natalità, dell’invecchiamento, della crescita di separazioni e divorzi, dell’aumento di popolazione immigrata sola, del numero contenuto di matrimoni, le famiglie sono molto numerose ma sempre più piccole.
Rapporto Istat 2018: In Italia il numero medio di componenti per famiglia è di 2,4 persone, il 31,6% dei nuclei è composto da una persona sola, le coppie con figli sono il 53,3%, quelle senza il 31,5, il 15% delle famiglie è costituito da un solo genitore (per lo più madre) con figli; emerge un Paese in cui persistono gravi fenomeni di emarginazione e isolamento, di persone che per fragilità soggettiva o oggettiva non hanno la capacità o la possibilità di ‘fare rete’ e che un ridotto sistema di welfare non riesce a sostenere e integrare.


SOLITUDINI
Mai come in questi ultimi dieci anni si è parlato di comunicazione, di scambi, di interattività, e ma anche di solitudine, isolamento e depressione.
Sono tanti i tipi di solitudine:
·         Forzata: imposta da fatti esterni (prigionia, handicap, lutto, geografica, ...)
·         Ricercata: tempo breve desiderato, ma difficile da ritagliare per sè (creativo, asceta,…)
·         "Politica sociale": I mezzi di comunicazione invitano a distinguersi esprimendo modi di vita unici che accentuano l’individualismo. Tali situazioni si sviluppano soprattutto nelle grandi città, dove comunque la diffidenza verso gli altri (“sindrome da ascensore”) pur nella ricchezza dei contatti possibili e degli incontri in gruppi ed associazioni, può generare un senso di solitudine anche in mezzo alla gente.
·         Tecnologica: Nell'utilizzo delle tecnologie di comunicazione (chat, social network) si creano relazioni virtuali, nelle quali a volte senza conoscere nella realtà il nostro interlocutore, ci si può illudere che questo surrogato di dialogo sia equivalente ad un incontro.Anche il computer - strumento di lavoro e di svago - può trasformarsi in una cella di isolamento specie per persone già isolate forzatamente; non a caso si tratta di un Personal ... Computer, dove la persona nascosta dietro ad un monitor talvolta si illude di comunicare, con gli altri
·         Adolescenziale: In questa fase per i ragazzi la creazione di un’identità stabile è importante quanto difficile, in un mondo veloce ed esigente in continua evoluzione, spesso incompreso dalla famiglia, dove non sempre ci sono guide e punti di riferimento e dove molti adolescenti soffrono l'assenza dei genitori (separati/divorziati/lavoratori), talvolta confortati solo da oggetti che sono di fatto solo un surrogato dell'affettività mancata.
Attenzione! Quando la solitudine si trasforma in disagio/patologia spesso si cerca rifugio in varie forme di dipendenza: farmaci, fumo, droga, cibo, alcool, televisione, internet.
·         Vecchiaia e malattia: La solitudine (forzata) accorcia la vita e riduce la salute: La malattia è causa di solitudine. Nella vecchiaia l'isolamento e l'emarginazione, anche in istituiti e case di cura, favoriscono sentimenti di solitudine, abbattimento e depressione.
·         Famigliare: quando il rapporto è in crisi, quando c'è poco dialogo e/o scarsa comunicazione, quando il tempo di vita e del lavoro sono inconciliabili, ...
La solitudine non ha età e non ha condizione sociale, si può insinuare in ognuno di noi, ma solo se siamo soli.


LA BELLEZZA DELLA SOLITUDINE:
<<L'unica differenza che noto fra oggi e un tempo è l'aver imparato che la solitudine del mio cuore è la mia salvezza. Il dolore era dato dal ritenere d'aver bisogno di una qualche forma di conferma da parte del mondo esterno. Le risposte che cerchiamo fuori da noi per placare quel apparentemente insaziabile bisogno di essere visti, amati e confermati, quando non trovano riscontri positivi ci gettano nello sconforto, in un profondo senso di isolamento e annientamento. Quando ho visto che quel bisogno nasceva da un senso di insufficienza e mancanza artefatto, instillato dall'ambiente esterno, e non da una mia reale condizione interiore, ho smesso di percepire il dolore dell'isolamento mentale e ho scoperto la bellezza dell'essere soli.>>
da La libertà nella solitudine.
LA SPERANZA CRISTIANA RISPOSTA ALLE PAURE DELL’UOMO DI OGGI :
Anche se <<il nostro secolo si è aperto sotto i migliori auspici: la fine dello scontro delle ideologie, la connessione planetaria>> un mondo <<in cui le nuove tecnologie avrebbero giocato un ruolo fondamentale>> <<Ciò nonostante oggi l'uomo ha sempre, di più, bisogno di salvezza, di dignità e di relazione, perché disperazione, umiliazione e solitudine sembrano talvolta avere il sopravvento.>>
Nel cristianesimo la risposta alla paura è la speranza; tenace, che si fonda sulla certezza e che è sempre pronta a ripartire, alzare il capo e ricostruire, che non si dà per vinta ma è capace di visione e di futuro.
<<La speranza guida la fede e la carità operosa, le quali sarebbero svuotate senza di essa, prive del significato profondo del loro essere: cosa sarebbe la fede se non coltivasse la speranza della salvezza, e cosa farebbe la carità lasciata sola contro il male del mondo?>>
<<La speranza è un rischio da correre, anzi è il rischio dei rischi>>.
<<La speranza, non nasce dall'uomo>> <<è intesa come una chiamata gratuita che parte dalla rivelazione di Dio>> <<La speranza cristiana non sorge nel momento del bisogno, della sofferenza o dello sconforto determinato da diverse motivazioni>> <<al contrario, ha come compagne di viaggio che non l'abbandonano mai la fede e la carità. Essa sorge dalla fede e si nutre dell'amore. Senza questa circolarità non sarebbe possibile comprendere la specificità del sperare credente che vive di certezza e non di delusione.>> <<Essendo certezza del compimento della promessa, la speranza cristiana non delude perchè affonda le sue radici nell'amore (Rm 5,5)>>
Tutti possono sperare, ma è il contenuto della speranza che qualifica l'atto e lo fa comprendere diverso dal sentimento.


SPERANZA E SOLITUDINE NELLA FEDE:
Anche i discepoli poco dopo aver incontrato Gesù, nell'incertezza della tempesta notturna che li raggiunge si sentono soli e abbandonati perdendo la speranza al punto da non riconoscerLo: "nel vederlo camminare sul mare furono turbati e dissero: È un fantasma, e si misero a gridare dalla paura" (Mt 14,26).
Gesu invece sperimenta una particolare solitudine: "congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare; venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù" (Mt 14,23). Gesù riuscì sempre a scoprire nella sua solitudine la presenza rassicurante del Padre, nei silenzi come nelle prove, persino nell'ora della morte quando si trovò completamente solo.
C’era qualcosa di affascinante nella preghiera di Gesù, al punto che un giorno i suoi discepoli hanno chiesto di esservi introdotti.
Signore insegnaci a pregare (cfr Lc 11,1) e allora che Gesù trasmette loro il “Padre nostro”: chiamandolo Padre ci pone in una relazione di confidenza con Lui, come un bambino che si rivolge al suo papà, sapendo di essere amato e curato da lui. Il mistero di Dio, che sempre ci affascina e ci fa sentire piccoli, però non fa più paura, non ci schiaccia, non ci angoscia.


SEGNI DI SPERANZA … COME REAGIRE ALLA SOLITUDINE?
Gratitudine.
È l’attitudine di chi riconosce che ciò che si è ottenuto non lo è stato solo per i propri meriti, ma anche per la benevolenza altrui, anche se è difficile ammetterlo a causa dell’orgoglio. La gratitudine è andare incontro, riconoscendosi debitori, camminare verso l’altro per intrecciare un abbraccio. Per combattere la solitudine è necessario esprimere questo sentimento anche quando può essere faticoso per l’ipertrofia dell’io; se l’altro percepisce una naturale, reale disposizione alla gratitudine sarà più facile costruire efficaci momenti di relazione.
Felicità. Qual è la felicità che cerchiamo e come, da questa ricerca possiamo arrivare a sistemi di relazioni sociali che corrispondano alle nostre più autentiche esigenze? È una felicità generosa, aperta agli altri, che trova nella comunità il modo migliore per esprimersi, perché così riceve risposte adeguate. Una felicità assoluta, slegata da relazioni, è il patrimonio di qualche santo che vive il sentimento in relazione con il Signore; tutti noi, invece, abbiamo bisogno della felicità indotta dal donare, anche se talvolta il nostro gesto non riceve compensi adeguati.
Ascolto. Viviamo troppo spesso parlando di noi, svilendo l’ascolto dell’altro. Viviamo come se fossimo soli nell’universo. Il non essere ascoltati crea risentimento negli altri, che chiudono orecchie e cuori. La solitudine modifica le risposte all’ambiente umano circostante, il più delle volte aumentando la negatività e l’aggressività e quindi riducendo la possibilità di creare assieme qualche cosa di rilevante per tutti. È un circolo vizioso, che si può rompere imponendosi l’ascolto, per comprendere il punto di vista degli altri; ma se si sente il dovere dell’ascolto significa che gran parte del percorso verso la relazione è già stato compiuto e la solitudine sconfitta.
Curiosità. È ritenuta una dote ambivalente, ma ha il grande pregio di costringere a guardare dentro nella vita degli altri, in modo da identificare gli spazi sui quali impostare una relazione. Mediamente chi è curioso non è mai solo, perché comprende dove può avvenire l’incontro tra la propria vita, aspirazioni, attese, speranze e quelle dell’altro. Possono essere possibili incomprensioni e chiusure, ma non giustificano una scelta generale. La curiosità come premessa per costruire rapporti deve essere un atteggiamento stabile nella vita, in qualsiasi condizione; quando l’individuo va in palestra, ad esempio, gli esercizi fisici dovrebbero essere altrettanto importanti che l’attenzione ai vicini, per comprenderne attitudini e attese, desideri di relazione o chiusure. La curiosità è strutturale alla persona intelligente; solo uno stato depressivo può tarparla e farla sembrare inutile.
Rinuncia ad atteggiamenti individualistici. L’attenzione, sempre più diffusa negli ultimi anni, verso fitness, atteggiamenti di autocura, preoccupazioni alimentari, in generale verso particolari atteggiamenti salutisti, polarizza l’attenzione su fatti personali; sono vissuti come atti che dovrebbero garantire la salute in maniera distaccata da quella degli altri. Sono talvolta il frutto di frustrazioni egocentriche che si approfondiscono nel tempo e impediscono rapporti aperti e generosi. Ogni persona è libera di scegliere propri modelli di vita, gestendone le conseguenze; non può però essere trascurato che tra queste ultime vi sono incomprensioni che rallentano la relazione con altri.
Gentilezza. Tutte le caratteristiche indicate sopra hanno un denominatore comune per essere esercitate; è una dote dell’animo che caratterizza la scelta di fondo di porsi davanti all’altro con la volontà di ascoltare ed essere ascoltati senza prevaricazione, insistenza, desiderio di potere. Chi è gentile è sempre attento a come l’altro si avvicina e pronto a modificare il proprio atteggiamento per farsi accettare, compiendo piccoli atti che assumono grande importanza quando l’altro è solo. Chi è gentile potrà talvolta essere incompreso e dolersene, però il suo atteggiamento contribuisce sempre ad aprire strade per la relazione che allontana la solitudine. In alcuni casi la gentilezza è premessa per la dolcezza, modo di essere che, ad esempio nella famiglia, permette di continuare nel tempo rapporti di affetto che aiutano anche a superare le crisi.>>

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