solitùdine s. f. [dal lat. solitudo -dinis, der. di solus «solo»]. –
1 . La condizione, lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura …
1 . La condizione, lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura …
LA SOLITUDINE
IN ITALIA
Il tessuto sociale italiano ed europeo nel corso degli
anni si è trasformato in una direzione chiara: a causa della bassa natalità,
dell’invecchiamento, della crescita di separazioni e divorzi, dell’aumento di
popolazione immigrata sola, del numero contenuto di matrimoni, le famiglie sono molto numerose ma sempre
più piccole.
Rapporto Istat 2018: In Italia il numero medio di componenti per famiglia è di 2,4 persone, il 31,6% dei nuclei è composto da una persona sola, le coppie con figli sono il 53,3%, quelle senza il 31,5, il 15% delle famiglie è costituito da un solo genitore (per lo più madre) con figli; emerge un Paese in cui persistono gravi fenomeni di emarginazione e isolamento, di persone che per fragilità soggettiva o oggettiva non hanno la capacità o la possibilità di ‘fare rete’ e che un ridotto sistema di welfare non riesce a sostenere e integrare.
Rapporto Istat 2018: In Italia il numero medio di componenti per famiglia è di 2,4 persone, il 31,6% dei nuclei è composto da una persona sola, le coppie con figli sono il 53,3%, quelle senza il 31,5, il 15% delle famiglie è costituito da un solo genitore (per lo più madre) con figli; emerge un Paese in cui persistono gravi fenomeni di emarginazione e isolamento, di persone che per fragilità soggettiva o oggettiva non hanno la capacità o la possibilità di ‘fare rete’ e che un ridotto sistema di welfare non riesce a sostenere e integrare.
SOLITUDINI
Mai come in questi ultimi dieci anni si è parlato di
comunicazione, di scambi, di interattività, e ma anche di solitudine,
isolamento e depressione.
Sono tanti i tipi di solitudine:
Sono tanti i tipi di solitudine:
·
Forzata: imposta da
fatti esterni (prigionia, handicap, lutto, geografica, ...)
·
Ricercata: tempo breve
desiderato, ma difficile da ritagliare per sè (creativo, asceta,…)
·
"Politica sociale": I mezzi di comunicazione invitano a distinguersi esprimendo modi di vita
unici che accentuano l’individualismo. Tali situazioni si sviluppano
soprattutto nelle grandi città, dove comunque la diffidenza verso gli altri
(“sindrome da ascensore”) pur nella ricchezza dei contatti possibili e degli
incontri in gruppi ed associazioni, può generare un senso di solitudine anche in
mezzo alla gente.
·
Tecnologica: Nell'utilizzo
delle tecnologie di comunicazione (chat, social network) si creano relazioni
virtuali, nelle quali a volte senza conoscere nella realtà il nostro
interlocutore, ci si può illudere che questo surrogato di dialogo sia
equivalente ad un incontro.Anche il computer - strumento di lavoro e di svago -
può trasformarsi in una cella di isolamento specie per persone già isolate
forzatamente; non a caso si tratta di un Personal ... Computer, dove la persona
nascosta dietro ad un monitor talvolta si illude di comunicare, con gli altri
·
Adolescenziale: In questa
fase per i ragazzi la creazione di un’identità stabile è importante quanto
difficile, in un mondo veloce ed esigente in continua evoluzione, spesso
incompreso dalla famiglia, dove non sempre ci sono guide e punti di riferimento
e dove molti adolescenti soffrono l'assenza dei genitori
(separati/divorziati/lavoratori), talvolta confortati solo da oggetti che sono
di fatto solo un surrogato dell'affettività mancata.
Attenzione! Quando la solitudine si trasforma in disagio/patologia spesso si cerca rifugio in varie forme di dipendenza: farmaci, fumo, droga, cibo, alcool, televisione, internet.
Attenzione! Quando la solitudine si trasforma in disagio/patologia spesso si cerca rifugio in varie forme di dipendenza: farmaci, fumo, droga, cibo, alcool, televisione, internet.
·
Vecchiaia e malattia: La solitudine
(forzata) accorcia la vita e riduce la salute: La malattia è causa di
solitudine. Nella vecchiaia l'isolamento e l'emarginazione, anche in istituiti
e case di cura, favoriscono sentimenti di solitudine, abbattimento e
depressione.
·
Famigliare: quando il
rapporto è in crisi, quando c'è poco dialogo e/o scarsa comunicazione, quando
il tempo di vita e del lavoro sono inconciliabili, ...
La solitudine
non ha età e non ha condizione sociale, si può insinuare in ognuno di noi, ma
solo se siamo soli.
LA BELLEZZA DELLA
SOLITUDINE:
<<L'unica
differenza che noto fra oggi e un tempo è l'aver imparato che la solitudine del
mio cuore è la mia salvezza. Il dolore era dato dal ritenere d'aver bisogno di
una qualche forma di conferma da parte del mondo esterno. Le risposte che
cerchiamo fuori da noi per placare quel apparentemente insaziabile bisogno di
essere visti, amati e confermati, quando non trovano riscontri positivi ci
gettano nello sconforto, in un profondo senso di isolamento e annientamento.
Quando ho visto che quel bisogno nasceva da un senso di insufficienza e
mancanza artefatto, instillato dall'ambiente esterno, e non da una mia reale
condizione interiore, ho smesso di percepire il dolore dell'isolamento mentale
e ho scoperto la bellezza dell'essere soli.>>
da La libertà nella solitudine.
LA SPERANZA
CRISTIANA RISPOSTA ALLE PAURE DELL’UOMO DI OGGI :
Anche se <<il nostro secolo si è aperto sotto i
migliori auspici: la fine dello scontro delle ideologie, la connessione
planetaria>> un mondo <<in cui le nuove tecnologie avrebbero
giocato un ruolo fondamentale>> <<Ciò nonostante oggi l'uomo ha sempre, di più, bisogno di
salvezza, di dignità e di relazione, perché disperazione, umiliazione e
solitudine sembrano talvolta avere il sopravvento.>>
Nel
cristianesimo la risposta alla paura è la speranza; tenace, che si fonda sulla certezza e che è sempre pronta a ripartire,
alzare il capo e ricostruire, che non si dà per vinta ma è capace di visione e
di futuro.
<<La
speranza guida la fede e la carità operosa, le quali sarebbero svuotate
senza di essa, prive del significato profondo del loro essere: cosa sarebbe la fede se non coltivasse la
speranza della salvezza, e cosa farebbe la carità lasciata sola contro il male
del mondo?>>
<<La speranza è un rischio da correre, anzi è il
rischio dei rischi>>.
<<La
speranza, non nasce dall'uomo>> <<è intesa come una chiamata
gratuita che parte dalla rivelazione di Dio>> <<La speranza
cristiana non sorge nel momento del bisogno, della sofferenza o dello sconforto
determinato da diverse motivazioni>> <<al contrario, ha come
compagne di viaggio che non l'abbandonano mai la fede e la carità. Essa sorge dalla fede e si nutre dell'amore.
Senza questa circolarità non sarebbe possibile comprendere la specificità del
sperare credente che vive di certezza e non di delusione.>> <<Essendo
certezza del compimento della promessa, la speranza cristiana non delude perchè
affonda le sue radici nell'amore (Rm 5,5)>>
Tutti possono sperare, ma è il contenuto della speranza che qualifica l'atto e lo fa comprendere diverso dal sentimento.
Tutti possono sperare, ma è il contenuto della speranza che qualifica l'atto e lo fa comprendere diverso dal sentimento.
SPERANZA E
SOLITUDINE NELLA FEDE:
Anche i
discepoli poco dopo aver incontrato Gesù, nell'incertezza della tempesta
notturna che li raggiunge si sentono soli e abbandonati perdendo la speranza al
punto da non riconoscerLo: "nel vederlo camminare sul mare furono
turbati e dissero: È un fantasma, e si misero a gridare dalla paura" (Mt
14,26).
Gesu invece sperimenta una particolare solitudine:
"congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare; venuta la sera, egli
se ne stava ancora solo lassù" (Mt 14,23). Gesù riuscì sempre a scoprire nella sua solitudine la presenza
rassicurante del Padre, nei silenzi come nelle prove, persino nell'ora
della morte quando si trovò completamente solo.
C’era qualcosa di affascinante nella preghiera di Gesù, al punto che un giorno i suoi discepoli hanno chiesto di esservi introdotti.
Signore insegnaci a pregare (cfr Lc 11,1) e allora che Gesù trasmette loro il “Padre nostro”: chiamandolo Padre ci pone in una relazione di confidenza con Lui, come un bambino che si rivolge al suo papà, sapendo di essere amato e curato da lui. Il mistero di Dio, che sempre ci affascina e ci fa sentire piccoli, però non fa più paura, non ci schiaccia, non ci angoscia.
C’era qualcosa di affascinante nella preghiera di Gesù, al punto che un giorno i suoi discepoli hanno chiesto di esservi introdotti.
Signore insegnaci a pregare (cfr Lc 11,1) e allora che Gesù trasmette loro il “Padre nostro”: chiamandolo Padre ci pone in una relazione di confidenza con Lui, come un bambino che si rivolge al suo papà, sapendo di essere amato e curato da lui. Il mistero di Dio, che sempre ci affascina e ci fa sentire piccoli, però non fa più paura, non ci schiaccia, non ci angoscia.
SEGNI DI SPERANZA … COME REAGIRE ALLA
SOLITUDINE?
Gratitudine. È l’attitudine di chi riconosce che ciò che si è ottenuto non lo è stato solo per i propri meriti, ma anche per la benevolenza altrui, anche se è difficile ammetterlo a causa dell’orgoglio. La gratitudine è andare incontro, riconoscendosi debitori, camminare verso l’altro per intrecciare un abbraccio. Per combattere la solitudine è necessario esprimere questo sentimento anche quando può essere faticoso per l’ipertrofia dell’io; se l’altro percepisce una naturale, reale disposizione alla gratitudine sarà più facile costruire efficaci momenti di relazione.
Gratitudine. È l’attitudine di chi riconosce che ciò che si è ottenuto non lo è stato solo per i propri meriti, ma anche per la benevolenza altrui, anche se è difficile ammetterlo a causa dell’orgoglio. La gratitudine è andare incontro, riconoscendosi debitori, camminare verso l’altro per intrecciare un abbraccio. Per combattere la solitudine è necessario esprimere questo sentimento anche quando può essere faticoso per l’ipertrofia dell’io; se l’altro percepisce una naturale, reale disposizione alla gratitudine sarà più facile costruire efficaci momenti di relazione.
Felicità.
Qual è la felicità che cerchiamo e
come, da questa ricerca possiamo arrivare a sistemi di relazioni sociali che
corrispondano alle nostre più autentiche esigenze? È una felicità generosa,
aperta agli altri, che trova nella comunità il modo migliore per esprimersi,
perché così riceve risposte adeguate. Una felicità assoluta, slegata da
relazioni, è il patrimonio di qualche santo che vive il sentimento in relazione
con il Signore; tutti noi, invece, abbiamo bisogno della felicità indotta dal
donare, anche se talvolta il nostro gesto non riceve compensi adeguati.
Ascolto. Viviamo troppo spesso parlando di noi,
svilendo l’ascolto dell’altro. Viviamo come se fossimo soli nell’universo. Il
non essere ascoltati crea risentimento negli altri, che chiudono orecchie e
cuori. La solitudine modifica le risposte all’ambiente umano circostante, il
più delle volte aumentando la negatività e l’aggressività e quindi riducendo la
possibilità di creare assieme qualche cosa di rilevante per tutti. È un circolo
vizioso, che si può rompere imponendosi l’ascolto, per comprendere il punto di
vista degli altri; ma se si sente il dovere dell’ascolto significa che gran
parte del percorso verso la relazione è già stato compiuto e la solitudine
sconfitta.
Curiosità.
È ritenuta una dote ambivalente, ma ha
il grande pregio di costringere a guardare dentro nella vita degli altri, in
modo da identificare gli spazi sui quali impostare una relazione. Mediamente
chi è curioso non è mai solo, perché comprende dove può avvenire l’incontro tra
la propria vita, aspirazioni, attese, speranze e quelle dell’altro. Possono
essere possibili incomprensioni e chiusure, ma non giustificano una scelta
generale. La curiosità come premessa per costruire rapporti deve essere un
atteggiamento stabile nella vita, in qualsiasi condizione; quando l’individuo
va in palestra, ad esempio, gli esercizi fisici dovrebbero essere altrettanto
importanti che l’attenzione ai vicini, per comprenderne attitudini e attese,
desideri di relazione o chiusure. La curiosità è strutturale alla persona
intelligente; solo uno stato depressivo può tarparla e farla sembrare inutile.
Rinuncia
ad atteggiamenti individualistici.
L’attenzione, sempre più diffusa negli ultimi anni, verso fitness,
atteggiamenti di autocura, preoccupazioni alimentari, in generale verso
particolari atteggiamenti salutisti, polarizza l’attenzione su fatti personali;
sono vissuti come atti che dovrebbero garantire la salute in maniera distaccata
da quella degli altri. Sono talvolta il frutto di frustrazioni egocentriche che
si approfondiscono nel tempo e impediscono rapporti aperti e generosi. Ogni
persona è libera di scegliere propri modelli di vita, gestendone le
conseguenze; non può però essere trascurato che tra queste ultime vi sono
incomprensioni che rallentano la relazione con altri.
Gentilezza.
Tutte le caratteristiche indicate sopra
hanno un denominatore comune per essere esercitate; è una dote dell’animo che
caratterizza la scelta di fondo di porsi davanti all’altro con la volontà di
ascoltare ed essere ascoltati senza prevaricazione, insistenza, desiderio di
potere. Chi è gentile è sempre attento a come l’altro si avvicina e pronto a
modificare il proprio atteggiamento per farsi accettare, compiendo piccoli atti
che assumono grande importanza quando l’altro è solo. Chi è gentile potrà
talvolta essere incompreso e dolersene, però il suo atteggiamento contribuisce
sempre ad aprire strade per la relazione che allontana la solitudine. In alcuni
casi la gentilezza è premessa per la dolcezza, modo di essere che, ad esempio
nella famiglia, permette di continuare nel tempo rapporti di affetto che
aiutano anche a superare le crisi.>>
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